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Monte Bianco: persi 23 metri di ghiaccio, rischio crisi idrica per l’agricoltura

Meno 100 mld di litri d'acqua in 14 anni per il clima. L'esperto: «Sempre meno acqua dolce durante le estati secche e calde dei prossimi anni»

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Si è da poco conclusa la seconda parte della spedizione di Greenpeace Italia e del Comitato glaciologico italiano (Cgi) su due dei più estesi ghiacciai italiani, quelli del Forni e del Miage, per monitorare lo stato di conservazione di questi giganti di ghiaccio, minacciati dall’aumento delle temperature globali. La prima tappa si è svolta dal 21 al 24 agosto al ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina; la seconda si è svolta dal 31 agosto al 2 settembre sul ghiacciaio del Miage, che si trova nel versante italiano del massiccio del Monte Bianco, in Valle d’Aosta, al termine di un’estate segnata da ondate di calore eccezionali e temperature record, al punto che luglio è stato il mese più caldo mai registrato a livello globale.

Il Miage è il più grande “ghiacciaio nero” (ovvero ricoperto da detriti) delle Alpi e uno dei tre ghiacciai italiani con una superficie superiore a 10 km quadrati. La spedizione aveva l’obiettivo di misurare la fusione annuale del ghiacciaio, che si trova nel territorio comunale di Courmayeur.

«Le misure effettuate fino ad oggi – racconta Walter Alberto, operatore glaciologico per il ghiacciaio del Miage e membro del Cgi – ci dicono che negli ultimi 14 anni il ghiacciaio del Miage ha perso complessivamente oltre 23 metri di spessore a causa della crisi climatica. Purtroppo, temiamo che il monitoraggio di quest’ultima spedizione ci restituirà una fotografia ancora peggiore. Se la situazione non cambierà, qui come nel resto dei ghiacciai alpini, perderemo grandi masse di ghiaccio e preziose risorse idriche. Ciò significa che avremo a disposizione sempre meno acqua dolce durante le estati secche e calde dei prossimi anni».

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Dal 2008 al 2022 il ghiacciaio del Miage ha perso 100 miliardi di litri d’acqua. Per avere un’idea, si tratta di un quantitativo di poco inferiore all’acqua potabile erogata ogni anno all’intera città di Milano. Rispetto alla perdita di superficie, il ritiro dei ghiacciai sul massiccio del Monte Bianco è visibile a colpo d’occhio: basti pensare, ad esempio, che nei primi anni Duemila le fronti dei ghiacciai si trovavano circa 500 metri più a valle.

Foto Greenpeace

«I ghiacciai italiani che si fondono sempre più rapidamente – spiega Elisa Murgese, Investigations Officer di Greenpeace Italia, presente alla spedizione – sono l’ennesimo sintomo di un’emergenza climatica senza precedenti, accelerata dalla nostra dipendenza dai combustibili fossili. Dobbiamo smettere al più presto di estrarre e bruciare petrolio, gas e carbone e promuovere le fonti rinnovabili, se non vogliamo assistere a stravolgimenti senza precedenti».

«Per limitare inoltre la perdita delle nostre riserve d’acqua – continua Murgese – è urgente ridurre le emissioni di gas serra e proteggere gli ecosistemi chiave per il ciclo dell’acqua come i ghiacciai riducendo gli sprechi di risorse idriche, a partire dai settori a più alto consumo, come l’agricoltura intensiva praticata nel distretto del Po, legata in particolare alle coltivazioni mangimistiche».

Luigi Perotti, segretario generale del Cgi, aggiunge: «La riduzione della disponibilità idrica dei serbatoi glaciali obbligherà il sistema agricolo a cambiare le abitudini, i tempi e le quantità di acqua usata nell’irrigazione, in particolare per i sistemi agricoli della Pianura Padana, come le risaie e le coltivazioni di mais. Inoltre, una seconda conseguenza della fusione dei ghiacciai è legata alla sicurezza: infatti, l’acqua di fusione dei ghiacciai può raccogliersi in laghi, che a loro volta possono tracimare in maniera improvvisa e pericolosa nelle zone sottostanti. In generale, le aree lasciate libere dai ghiacci possono diventare a rischio e, come dimostrano anche alcuni tragici eventi di cronaca, rendere la montagna un territorio non più per tutti».

La prima tappa della spedizione di Greenpeace Italia e del Cgi si è svolta dal 21 al 24 agosto al ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina, nel Parco nazionale dello Stelvio, durante l’eccezionale ondata di calore che in quegli stessi giorni aveva sconvolto le alte quote di tutta Italia.

Foto Greenpeace
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Claudio Sisto
Claudio Sisto
Fotogiornalista ambientale e marittimo. Da sempre si occupa di raccontare le profondità marine ma anche quello che accade in superficie. Esperto di Tevere nel tratto urbano, documenta la cronaca di Roma in tutte le sue sfaccettature, dalla nera alla rosa.
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