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Il corallo che assorbe gli inquinanti

Il deposito di sostanze è velenoso e può portare a degradazione e morte delle strutture coralline con il rilascio di inquinanti nell’ambiente

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Una nuova ricerca condotta dall’Istituto per le risorse biologiche e le biotecnologie marine del Cnr insieme all’Università di Bologna ha messo in luce un altro grande pericolo per i coralli, dimostrando che la specie Balanophyllia europea, conosciuta comunemente come madrepora solitaria, tipica del Mar Mediterraneo, è in grado di accumulare nei suoi tessuti e nel suo scheletro enormi quantità di idrocarburi policiclici aromatici. Questi, noti anche con l’acronimo Ipa o Pha, sono un ampio gruppo di composti organici naturalmente presenti nel petrolio, nel carbone, nell’olio combustibile e nel gas e dai quali possono essere liberati a causa di una combustione incompleta. Possono essere anche liberati dalla combustione di altri substrati tra cui rifiuti, tabacco, incenso, legno, carbonella e grassi.

Molecole estremamente tossiche e inquinanti sono risultate dotate di attività cancerogena e in particolare possono provocare tumori cutanei per contatto e tumori polmonari per via respiratoria. E nei coralli?

I ricercatori hanno ritrovato per la prima volta tracce di idrocarburi inquinanti dannosi come acenaftene, fluorene, fluoroantene e pirene, selezionati per la loro rilevanza ambientale, nello scheletro e nelle alghe zooxantelle che vivono in simbiosi con il corallo. Hanno poi combinato i rilevamenti sugli inquinanti con i dati dell’età della popolazione dei coralli e hanno stimato per quanto tempo queste specie sarebbero in grado di agire come magazzino di idrocarburi: lo stoccaggio a lungo termine di questi inquinanti tossici potrebbe arrivare fino a 20 anni.

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Il risvolto negativo di questa scoperta è il danno a cui, sia gli uomini che i coralli, vanno incontro. Il deposito di queste sostanze, superata una certa soglia, diventa velenoso e può portare alla degradazione e alla morte delle strutture coralline con il conseguente rilascio nell’ambiente delle stesse, innescando un meccanismo di inquinamento continuo.

Questa prima indagine è il punto di partenza per studi futuri nel bacino Mediterraneo. Valutare i livelli e le fonti di questi inquinanti diffusi e dannosi è di cruciale importanza per stimare i rischi per gli organismi marini.

L’inquinamento, l’acidificazione delle acque e l’innalzamento delle temperature, lo scioglimento dei ghiacciai, il rischio di estinzione delle tartarughe marine, lo sbiancamento dei coralli: la scienza continua ininterrottamente a informarci sui danni che stiamo causando al nostro unico pianeta. Animali, vegetazione, interi ecosistemi rischiano di scomparire o di subire danni rimediabili solo nel giro di centinaia di anni.

Per proteggere i nostri mari, il nostro mondo blu e tutte le sue creature, dobbiamo riconsiderare e agire per diminuire i nostri consumi, ridurre le emissioni e proteggere gli habitat naturali.

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Matteo Lai
Matteo Lai
Naturalista, subacqueo, velista ed esperto di educazione ambientale: il mare è la sua passione. Da qualche anno collabora con una società che si occupa di turismo scolastico dove si occupa di educazione ambientale e vela puntando sempre la sua attenzione sui temi della tutela ambientale e della natura. Con la fondazione di One World ha un obiettivo molto semplice: sensibilizzare i cittadini sul valore della tutela ambientale. One World, che ha sede ad Andria (BT), è un’associazione no profit per la tutela ambientale, nata dal desiderio di smuovere la coscienza sociale al fine di radicare nuovi valori ed innescare, così, un circolo virtuoso di comportamenti eco–friendly consapevoli. Tutte le attività che l’associazione One World promuove hanno sempre una valenza educativa finalizzata alla diffusione di una maggiore conoscenza, sensibilizzazione e rispetto dell’ambiente.
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