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Ricordi di guerra, racconti di vita e una storia d’amore sul palcoscenico dei Castelli Romani

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Scrivere un romanzo che racconta i momenti di una storia d’amore può essere esso stesso un gesto d’amore. È da quando era bambina che Stefania Chiappalupi affida emozioni alla carta. Il suo romanzo “L’Usignolo e occhi di cielo”, giunto secondo ex aequo nell’ultima edizione del Premio letterario giornalistico “Piersanti Mattarella”, è un affresco di emozioni e sentimenti, dietro il quale scorrono i paesaggi del passato e del presente della sua famiglia: Rocca Priora, paese d’origine della famiglia materna; Roma, città natale; Frascati, città dei suoi genitori, dove Stefania torna a rifugiarsi non appena il tempo glielo permette; i Castelli Romani, scenario principale della sua ultima opera letteraria. Fino ad arrivare ad Alessandria, dove l’ha portata, manco a dirlo, l’amore. È in Piemonte, infatti, che oggi vive con l’uomo che ha sposato e il loro figlio.

Con l’artificio di un racconto che mescola fantasia e realtà storica, Stefania Chiappalupi riannoda i fili di tanti altri racconti, che hanno formato la donna che lei è oggi. Riecheggiano le parole della nonna con la quale, attraverso lo scorrere delle pagine del suo libro, continua idealmente il dialogo che i limiti umani della vita hanno forzatamente interrotto. Ma che riprende vigore sul palcoscenico su cui si muovono i protagonisti del romanzo.

Stefania Chiappalupi a Frascati

Questo suo secondo romanzo, uscito con la casa editrice casertana MReditori e in distribuzione sui più noti siti di vendita online, ruota intorno alla storia d’amore che porta alla nascita delle gemelline Anna e Maria cinque giorni dopo la dichiarazione di entrata in guerra dell’Italia fatta da Mussolini, nel 1940. Una guerra che fa delle due bimbe alcune fra le sue tante vittime innocenti.

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«L’idea di questo romanzo – racconta l’autrice – nasce da molto lontano: dai racconti del suo passato che ascoltavo fin da bimba dalla mia nonna materna. Fra questi, mi ha colpito molto la storia di una coppia di giovani che facevano volontariato nel policlinico di Roma e che lì sono rimasti uccisi nel 1943 durante il bombardamento del quartiere di San Lorenzo».

Nonna Cesarina Mancini la guerra se l’è portata tutta la vita sulla pelle. Era figlia di Alfonso, ultimo sindaco prima dell’avvento del fascismo di Rocca Priora, cittadina montana che domina il declinare dei Castelli Romani verso Roma. Proprio a causa del regime ha dovuto abbandonare con la famiglia i Colli Albani, dove l’impegno democratico del padre e il suo passato, come decorato per i meriti ottenuti nella Prima guerra mondiale, lo rendevano bersaglio facile delle bande fasciste, per cercare rifugio nell’anonimato garantito dalla grande Capitale.

«Per me – dice Stefania Chiappalupi – scrivere questo romanzo è stato come fare un regalo postumo a mia nonna: tante volte, dopo avermi raccontato una delle sue mille storie, mi ha detto che ne conosceva così tante da poterci scrivere un libro. Storie che ho fatto rivivere ai personaggi del romanzo. Storie di sentimenti, paure e forti emozioni, come quelle che ancora mi porto dentro di un racconto terribile: mia nonna a passeggio con la sua cara amica e la figlia di questa, sorprese all’aperto da uno dei tanti bombardamenti che hanno flagellato i Castelli Romani tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1944. Quel giorno, mia nonna e la sua amica ne uscirono miracolosamente vive. Ma la figlia della sua amica non è stata mai più trovata. Di quella bambina poterono raccogliere solo una ciocca di capelli rimasta sull’inferriata di un cancello, che la mamma conserverà e porterà sempre con sé per tutto il resto della sua vita».

Fantasia letteraria e storie di vita reale si intrecciano così nella trama del romanzo. Che è un atto di amore verso quella nonna che “parla” oggi al lettore dal profondo dell’animo della sua nipote, oltre che un racconto di una storia d’amore. La storia di un “usignolo”, una giovane donna chiamata così perché trova il modo di realizzarsi con il suo canto soave nel coro del convento dove, nel 1932, avrebbe voluto prendere i voti, ma ne era stata respinta perché non aveva una dote da portare, essendo di origini umili. L’incontro con un ragazzo che sarà capace di amarla sarà il suo riscatto, anche se i due giovani dovranno lottare contro i pregiudizi sociali, che non vedono di buon occhio l’amore tra una donna di umili origini e un uomo appartenente a una famiglia benestante.

“L’usignolo e occhi di cielo” segue il romanzo di esordio di Chiappalupi, “Un’occasione unica”. Con quel romanzo è stata impegnata in eventi a scopo umanitario, tra cui “Identità violate”, che ha come tema fondamentale la violenza e la violazione dei diritti umani, e “Scarpette rosse”, un progetto a beneficio della Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro di Candiolo (TO). Alcune sue poesie sono state pubblicate in varie antologie, il cui ricavato è stato devoluto in beneficenza.

Ma l’autrice è già proiettata in avanti: il suo terzo romanzo, una storia ambientata in Africa, è già pronto per le stampe. «Scrivo poesie – racconta Stefania – dall’età di dodici anni. La mia prima poesia, dal titolo “Uomo”, l’ho dedicata al cantautore romano Renato Zero. Da allora nutro la speranza di poterlo incontrare per fargli dono deIla lirica. La poesia racconta la storia di un uomo mascherato che, nel bel mezzo della sua vita, decide di toglierla per mostrare a tutti il suo vero volto. Credo di essere stata un po’ lungimirante nei confronti del nostro amato cantautore. Nel 1990 una mia poesia venne pubblicata da “Confidenze” in “È nato un poeta”, una delle rubriche di quel settimanale».

Nata e vissuta a Roma, nel quartiere di Torrenova, Stefania Chiappalupi si divide fra l’impegno nell’azienda di famiglia con il marito in Piemonte e la passione per la scrittura. È legata ai Castelli Romani per le ambientazioni dei racconti della nonna e ancora oggi, perché i suoi genitori vivono a Frascati, città dove torna appena possibile. Alla ricerca dei luoghi dei racconti della nonna.

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Stefania Basile
Stefania Basile
Sono nata nel 1977 all'estremità meridionale della Calabria tirrenica, nella città di Palmi, che si affaccia sullo stretto di Messina e sulle splendide isole Eolie. Amo le mie origini e Roma, la città dove vivo per motivi professionali. Come diceva la grande Mia Martini: «il carattere dei calabresi a me piace moltissimo. Possiamo sembrare testardi, un po' duri, troppo decisi. In realtà siamo delle rocce, abbiamo una grande voglia di lavorare e di vivere. Io non sono di origine, io sono proprio calabrese!».
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