Dal 6 al 22 febbraio 2026, l’Italia tornerà ad ospitare i Giochi Olimpici invernali dopo 20 anni esatti dall’ultima edizione di Torino. Stavolta saranno la rampante Milano e Cortina d’Ampezzo, la perla delle Dolomiti, a fare da ambasciatrici per il nostro Paese. Se finora tutta l’organizzazione sembrava promettere complessivamente bene, ecco comparire delle fitte nubi all’orizzonte.
Si tratta della pista che dovrebbe ospitare le gare di bob, slittino e skeleton: infatti, il rischio di non poter ospitare su suolo italiano queste discipline in un’Olimpiade che dovrebbe celebrare la capacità organizzativa del Paese ospitante è gravissimo. Oltre che decisamente preoccupante.

L’impianto deve essere ancora costruito e dovrebbe sorgere a Cortina, ma il condizionale e quanto mai d’obbligo. Dalla politica arrivano segnali contrastanti. Il presidente del Coni, Giovanni Malagò, nello scorso ottobre, ha chiuso la porta ad ogni possibilità di costruzione della pista; il sindaco di Milano, Beppe Sala, ammette che sia «giusto trovare un’alternativa e non spendere così tanti soldi per un’opera che finirà nel dimenticatoio»; il presidente del Veneto, Luca Zaia, invece non perde la speranza di vedere le gare su suolo italiano, sottolineando quanto sia importante avere tutte le gare in territorio nazionale e che una rivalutazione meno onerosa del progetto sia possibile. Al suo pensiero si accoda anche il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini.
Già, perché la soluzione più accreditata è quella di spostare tutto nella vicina, seppur lontana, Innsbruck, in Austria. Mentre rimane sullo sfondo l’opzione di rispolverare il vecchio impianto di Torino 2006, il Pariol, in Piemonte, nel comune di Cesana Torinese. Organizzare un evento come i Giochi Olimpici per poi trasferire alcune delle sue gare su suolo straniero rappresenterebbe un danno economico e d’immagine incalcolabile, oltre che una sconfitta per tutto il sistema Paese. Tra pochi giorni se ne saprà di più, ma evitare una figuraccia che avrebbe dell’incredibile è l’unica cosa da fare. Troppo tardi, invece, per recuperare la credibilità.
