Chi sarebbero, poi, e dove sono ora, nel momento del nostro massimo bisogno, i nostri ricchi e potenti “alleati” internazionali? C’è un motivo per cui, in questo momento drammatico, le nazioni che sono più vicine all’Italia non sono quelle occidentali. Il successo del turbocapitalismo e la restaurazione sovranista hanno questo come risvoltò concreto: l’individualismo, la chiusura all’”altro”, il “mors tua vita mea” (abbiamo presente le mascherine e il materiale sanitario spediti dalla Cina all’Italia e sottratti al passaggio nelle dogane polacca e ceca?). Capitalismo e sovranismo che continuano però (scioccamente) ad affascinare una parte degli italiani, che hanno perso l’abitudine all’analisi critica preferendo condividere meme preconfezionati ad arte.
Se sono Cina e Cuba le nazioni che, pur nelle loro difficoltà interne, sono quelle più attive nel soccorso delle popolazioni in difficoltà, c’è un motivo: l’ideale internazionalista e socialista in cui sono maturate le coscienze dei cubani e dei cinesi (questi ultimi, tra l’altro, memori degli 800 loro connazionali salvati dai soccorritori italiani accorsi in occasione del terremoto di Wenchuan del 2008). Ovunque nel mondo c’è un essere umano che soffre, io sono lì e la sua sofferenza è la mia.
Certo, sul piano interno i sistemi politici cinese (soprattutto) e cubano non possono essere esenti da critiche. Ma ciò che ci sta succedendo non potrà non farci interrogare sul fatto che abbiano creduto, obbedito e combattuto per un sistema, quello occidentale, che di fronte alla prova più grande sta mostrandoci tutto il suo cinismo.
Non saranno i modelli cinese e cubano che potranno, un domani, essere il punto di riferimento di una tradizione, la nostra, di consolidata democrazia. Ma non potranno più esserlo neanche quello capitalista e quello sovranista.
Prepariamoci a costruirne un altro. Una Europa dei popoli e non più della finanza potrà, in questa costruzione, avere un ruolo decisivo.