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HomeIl personaggioAlessandra Lumachelli e la “caccia ai fantasmi” che minacciano i sentimenti

Alessandra Lumachelli e la “caccia ai fantasmi” che minacciano i sentimenti

“Il costo sociale del ghosting”, suo ultimo libro, indaga il fenomeno dei manipolatori emotivi. «Le vittime rischiano isolamento e paranoia»

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Un impegno a tutto tondo, quello di Alessandra Lumachelli. Dagli studi scientifici ai libri, dall’insegnamento alle conferenze, dalla radio all’impegno sociale a favore dei popoli minacciati. Una donna eclettica e sempre disposta a confrontarsi con le profondità, positive e negative, dell’animo umano. Come fa nel suo ultimo libro: Il costo sociale del ghosting.

Il suo libro viene definito, nella presentazione che ne viene fatta sul sito dive è possibile acquistarlo, un «manuale necessario per la sopravvivenza sociale». È una definizione molto forte e fa pensare che la “posta in gioco” sia molto alta.

«Un manuale necessario per la sopravvivenza: sì, confermo. Il mondo è cambiato, come dico nella prefazione: drasticamente cambiato, a partire dagli anni ’80. Perciò è necessario farsi trovare un minimo preparati, “attrezzati”, direi».

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Come ha avuto l’idea di scrivere il libro?

«L’idea per scrivere il libro mi è arrivata dopo un’amicizia finita nel nulla. Cioè una persona è semplicemente scomparsa dalla mia vita, dall’oggi al domani, come un fantasma. E mi sono ricordata di quante storie avessi ascoltato da altri amici o da conoscenti, in tal senso».

Cos’è il ghosting e come può rovinarci la vita?

«Il ghosting (letteralmente comportarsi da fantasma, quindi scomparire e riapparire) è il comportamento che persone emotivamente analfabete adottano per troncare una relazione: amicale, amorosa o professionale che sia. Può rovinarci la vita se, a differenza del ghoster (di chi si comporta da fantasma), abbiamo invece empatia e sentimenti consapevoli. Chi viene “ghostato” prova sensi di colpa e una sensazione di vuoto comunicativo. Il tutto può portare a stress, insicurezza, fino ad arrivare a pericolosi comportamenti autodistruttivi, purtroppo».

Qual è il costo sociale del ghosting, di cui parla il titolo del suo libro?

«Il costo sociale del ghosting è ciò che ho appena espresso, individualmente. E socialmente può causare un atteggiamento collettivo tendente all’isolamento ed alla paranoia».

Già prima dell’avvento dell’online, delle comunicazioni telematiche e dei rapporti virtuali esistevano i manipolatori. Come agiscono e perché la virtualità ha favorito la diffusione di questo fenomeno?

«Il manipolatore appare privo di empatia. Il suo obiettivo è avere il maggior potere possibile, quindi va in cerca di vittime da manovrare psicologicamente, come marionette. Il mondo virtuale accresce il numero delle potenziali maltrattate ed anche la possibilità di nascondersi dietro una falsa identità».

Come si può scoprire e contrastare un manipolatore?

«Il manipolatore si può scoprire, e contrastare, non rispondendo a tutte le sue (eccessive, talvolta assurde) richieste di attenzione: esploderà, passando da una falsa gentilezza ad una evidente aggressività».

C’è una cura per i manipolatori affinché possano migliorare il modo di relazionarsi con gli altri?

«La cura per i manipolatori? Forse l’analisi psicologica? In realtà, da narcisisti estremi, riescono generalmente a manipolare anche i migliori psicologi. Non so, devo pensarci su».

Lei si dedica allo studio dell’intelligenza emotiva. Ce ne può dare una definizione e cosa l’hanno portata ad osservare i suoi studi?

«L’intelligenza emotiva è la capacità che hanno gli esseri umani alla nascita di interagire con gli altri e di conoscere ciò che sentono e ciò che desiderano. A seconda dell’ambiente in cui si cresce, questa capacità può essere perduta o distorta. Si può recuperare, per la maggior parte dei casi, con un buon allenamento emotivo, o rieducazione emozionale».

Fra le sue molteplici attività, vi sono anche quelle di docente e di perita grafologica. Ce ne può parlare?

« Sono una comunicatrice a tutto tondo, quindi scrivo, studio la scrittura degli altri attraverso la grafologia, e tengo corsi e conferenze su vari argomenti».

La sua attività di scrittrice è vasta. Ci può illustrare i temi delle sue pubblicazioni precedenti?

«A proposito di scrittura, ho iniziato da piccolina a scrivere poesie e canzoni, ma solo per divertimento mio. Da adulta mi sono approcciata alla scrittura “per gli altri” un anno che tenevo un corso di grafologia, e mi resi conto che i testi che proponevo agli allievi erano troppo tecnici, quindi criptici per loro. Così mi misi a scrivere un libro per loro, divulgativo. Da allora non ho mai smesso. Gli argomenti: grafologia, sociologia, intelligenza emotiva. Le forme: saggi, poesie, romanzi, testi teatrali».

Come persona e, in particolare, come donna, cosa le ha insegnato la sua attività professionale?

«Lavoro senza sentire fatica. Comunicare è ciò che amo fare e ciò che mi riesce più facile. Perciò non “sento” di stare lavorando, ma piuttosto di stare esprimendo me stessa. Tante cose mi insegna giorno per giorno, comunicare. Soprattutto l’autenticità».

Quali sono i fronti sui quali è attualmente impegnata?

«Come impegno professionale, ho alcune attività in corso: tengo un master di grafologia forense, una trasmissione radiofonica di grafologia, forse partirà una trasmissione televisiva. Poi le presentazioni del nuovo libro. A livello personale, cerco di informarmi e di sostenere l’attività di Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, che lotta affinché i popoli tribali restino sulle loro terre di origine».

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Stefania Basile
Stefania Basile
Sono nata nel 1977 all'estremità meridionale della Calabria tirrenica, nella città di Palmi, che si affaccia sullo stretto di Messina e sulle splendide isole Eolie. Amo le mie origini e Roma, la città dove vivo per motivi professionali. Come diceva la grande Mia Martini: «il carattere dei calabresi a me piace moltissimo. Possiamo sembrare testardi, un po' duri, troppo decisi. In realtà siamo delle rocce, abbiamo una grande voglia di lavorare e di vivere. Io non sono di origine, io sono proprio calabrese!».
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