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Quei referendum che premono sulla Giustizia

Questi referendum possono costituire una pressione importante per costringere la politica a riformare la giustizia, fornendo alla ministra Cartabia ottimi spunti per convincere governo e Parlamento ad andare stavolta fino in fondo

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Si torna a parlare di giustizia in queste settimane che hanno visto l’Italia condannata dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo a riformare l’istituto dell’ergastolo “ostativo”, in quanto viola il divieto di trattamenti inumani e degradanti sancito da Bruxelles. Pochi giorni fa invece veniva scarcerato, grazie alla legge sui collaboratori di giustizia voluta dal giudice antimafia per eccellenza Giovanni Falcone, Giovanni Brusca, pluriomicida, di Falcone tra gli altri, stragista e braccio destro del capo dei capi della mafia dei corleonesi Totò Riina. Infine, inedita accoppiata politica, la Lega di Matteo Salvini e i Radicali di Maurizio Turco hanno depositato in Cassazione sei quesiti referendari sui quali, se ammessi dalla Corte e una volta raggiunte le firme necessarie, dovranno esprimersi i cittadini italiani. Il tutto mentre la ministra Marta Cartabia sta lavorando a una riforma della Giustizia che è tra le condizioni poste dall’Unione Europea per l’erogazione all’Italia dei circa 200 miliardi di euro di finanziamenti del Recovery Fund.

Sulla magistratura pesa ancora, oltretutto, lo scandalo seguito alle intercettazioni sull’ex magistrato Luca Palamara quando era membro di spicco del Csm, che disegnano un quadro desolante del meccanismo delle nomine nelle Procure, in combutta con la politica, e gettano discredito sull’organo di autogoverno dei giudici. Più che un articolo servirebbe un libro per analizzare a fondo una situazione diventata gravissima proprio perché la Giustizia è un pilastro fondamentale dello Stato. Proviamo allora a semplificare senza essere superficiali, utilizzando un semplice meccanismo, quello che ci vede prima di tutto cittadini. Come tali non possiamo dirci soddisfatti di come funziona la giustizia nel nostro Paese, soprattutto quando un illustre magistrato va in televisione a dire che un innocente è soltanto un colpevole che non è stato scoperto, mostrando così un’idea fanatica e “manettara” della giustizia, purtroppo diventata senso comune tra gli italiani. Anche perché permane la sensazione che a tanta pomposa affermazione non corrispondano nemmeno i fatti, visto che la corruzione in Italia non tende minimamente a diminuire.

Sabino Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale, voce tra le più autorevoli in materia, sostiene il tentativo di riforma di Cartabia sulla lunghezza dei processi e sul Consiglio Superiore della magistratura. «Qui si scontrerà – dice Cassese – con quel 20% di magistrati che sono addetti alle funzioni investigative e che hanno trasformato gli organi di accusa in un nuovo potere dello Stato». Cassese ribadisce che le inchieste su Palamara e sui verbali Amara-Csm pongono molte domande, prima tra tutte: «Possono i procuratori muoversi del tutto liberamente, come se fossero giudici giudicanti?».

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Uno dei quesiti referendari posti da Radicali e Lega affronta la questione proponendo la separazione delle carriere dei magistrati inquirenti da quelli giudicanti, come avviene già in Francia, in Spagna, in Portogallo, in Germania e, uscendo dall’Europa, negli Usa. Un altro dei quesiti referendari riguarda l’altra faccia della medaglia, la responsabilità civile dei giudici che creano danno con la loro sentenza. Attualmente il cittadino può rivalersi contro lo Stato, il referendum invece chiede che sia chiamato in causa direttamente il magistrato.

Sempre in tema di discrezionalità della magistratura, un terzo quesito chiede la limitazione della custodia preventiva, cioè di quel periodo in cui l’imputato rimane in carcere prima del processo. Il giurista Mauro Palma, garante dei detenuti, ha evidenziato che le persone in carcere in attesa della sentenza di primo grado sono il 13% di tutta la popolazione detenuta, numero che arriva a un terzo dei carcerati se parliamo di attesa della sentenza definitiva. Un altro quesito, come accennato, riguarda le modalità di elezione del Csm, proponendo che chi si candida possa farlo individualmente senza appartenere per forza alle liste in cui è diviso attualmente l’organo di autogoverno.

Ho lasciato per ultimi i due quesiti su cui, ma è opinione del tutto personale, le perplessità che contribuiscano a migliorare la giustizia sono più forti. Pochi cittadini conoscono i Consigli giudiziari, organi che valutano l’operato dei singoli magistrati, composti sia da avvocati sia da magistrati, ma solo questi ultimi con diritto di voto, mentre i fautori del referendum propongono che votino anche gli avvocati. Infine viene chiesta l’abrogazione della legge Severino, che vieta a chi è stato condannato in via definitiva per delitti non colposi di poter ricoprire incarichi di governo o di candidarsi alle elezioni.

Ho qualche dubbio che la maggior parte dei cittadini, nonostante i lamenti sulla situazione della giustizia italiana siano sempre presenti nelle conversazioni, in questo momento storico vadano oltre il sangue agli occhi del giustizialismo manettaro, che trova pace soltanto in sogni di condanne eterne e di chiavi della cella gettate via per sempre. La politica scaturita da Tangentopoli in poi, in particolare il giustizialismo come fondamenta culturale dei 5 stelle, anche se adesso l’ex leader Luigi Di Maio ha fatto parziali passi indietro, ha nutrito l’Italia di principi molto lontani da quelli di uno Stato laico moderno e democratico.

Va detto però che questi referendum possono costituire una pressione importante per costringere la politica a riformare la giustizia, fornendo alla ministra Cartabia ottimi spunti per convincere governo e Parlamento ad andare stavolta fino in fondo. Intanto perchè questa riforma è necessaria per ottenere dalla Ue i soldi del Recovery Fund, ma soprattutto perchè fondamentale se vogliamo avere almeno la speranza che l’Italia riparta in un quadro di giustizia sociale ed economica dove le pari opportunità dei cittadini siano realtà e non teoria.

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Gianluca Cicinelli
Gianluca Cicinelli
È stato a lungo direttore dell’informazione di Radio Città Futura di Roma. Ha collaborato con quotidiani e periodici nazionali e si occupa principalmente d’inchieste sulle zone d’ombra tra servizi segreti, criminalità organizzata e istituzioni. Ha pubblicato due libri sul rapimento di Davide Cervia. Propone spesso corsi di formazione giornalistica popolare. Ha realizzato la video inchiesta “Coperti a Destra” sulla strage di via Fani del 16 marzo 1978. Attualmente collabora con la Lumsa di Roma.
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