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Il no dei sindaci calabresi e di Conte alla politica del consenso “facile”

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A volerlo sfrondare dai mali che affliggono ormai da anni la politica italiana, ovvero il “dichiarazionismo” cronico e la vuota demagogia, il senso della giornata politica di oggi può ben essere sintetizzato da due frasi. E non è un caso che a pronunciarle siano stati due personaggi che, agli estremi opposti della scala territoriale, hanno sulle spalle la maggiore responsabilità – politica, giuridica e umana – della gestione dell’emergenza Covid-19: un sindaco, a un estremo, e il presidente del Consiglio, dall’altro.

«Non possiamo permetterci di buttare nella spazzatura tutti i sacrifici fatti sinora principalmente dai cittadini. Giusto per essere chiari». Parole di Michele Tripodi, sindaco di Polistena, pronunciate stanotte per annunciare che nel suo comune non si applicherà la improvvisa e inaspettata decisione, presa di notte, della presidente della Regione Calabria, Jole Santelli, di riaprire la ristorazione. Decisione che non spiega, però, su quali valutazioni sanitarie si basi e non dice nulla sui sostegni per i ristoratori che dovranno, dalla sera alla mattina, sopportare gli oneri della sanificazione dei locali e della sicurezza di clienti e dipendenti.

Secondo il sindaco della cittadina della cinta metropolitana reggina, sul territorio di Polistena si applicheranno le più prudenti disposizioni del governo. Già dalle prime luci dell’alba, gli hanno fatto eco i primi cittadini di altri Comuni calabresi: Giuseppe Ranuccio (Palmi), Aldo Alessio (Gioia Tauro), Michele Conia (Cinquefrondi). E l’elenco ora si allunga.

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Dietro la improvvisa decisione notturna della presidente della Calabria, si intravede la “longa manus” della Lega, impegnata a recuperare posti sulle prime pagine e consensi popolari dopo il crollo nei sondaggi anche nei confronti degli alleati. Sorpassata perfino nelle iniziative propagandistiche dai “Fratelli coltelli” d’Italia (da teatro dell’assurdo la trovata dello “studio tecnico” sul cessato allarme sanitario fatto da un partito politico e non da un’équipe medica), cerca di recuperare visibilità spingendo la forzista Santelli, che deve la stabilità della sua poltrona ai diktat politici del Carroccio, a fare della Calabria il laboratorio di un pericoloso gioco insurrezionale. Tanto se va male e i contagi si diffondono anche nella regione più indifesa d’Italia dal punto di vista sanitario, per la tradizionale narrazione leghista la colpa sarà solo dei soliti meridionali indisciplinati.

È significativo che la prima risposta sia arrivata a stretto giro dalle parole nette di un sindaco, alle quali hanno fatto seguito gli annunci di ordinanze di tutela dei propri territori contro la decisione regionale da parte di altri primi cittadini. Sono pur sempre i sindaci, per legge e per dovere morale, i massimi responsabili della sanità sui propri territori. Sono i sindaci che conoscono uno per uno i loro concittadini e ne raccolgono ogni giorno, passando per le strade e le piazze, le sofferenze e le aspettative. Sono i sindaci che hanno nella mente i volti dei contagiati, dei loro familiari in attesa e talvolta anche dei morti: persone, concittadini, compagni di studi e di giochi d’infanzia; mai solo numeri.

Sullo scacchiere della politica giocano, invece, un’altra partita i vari Santelli, Fontana, Zaia, De Luca, Zingaretti e gli altri. Che continuiamo a chiamare governatori all’americana, dimenticando che gli Usa sono una confederazione di Stati, su ognuno dei quali si esercita un governo autonomo, mentre l’Italia è uno Stato unitario e le regioni non le governa, ma le amministra, un presidente “primo fra i pari”.

Se da un lato ci sono le comunità locali, all’altro estremo della scala delle responsabilità c’è il governo nazionale. Il presidente Giuseppe Conte è apparso sulla scena politica dall’esterno, tirato in ballo perché il nostro sistema di governo non prevede il “consolato romano” ed era necessario trovare un terzo fra i due “pretendenti” del dopo-voto, Salvini e Di Maio. La fama da “signor Nessuno” lo ha perseguitato, per questo, finché i due ingombranti “consoli” non hanno lasciato il campo libero.

L’origine non partitica ed elettorale della sua figura si sta vedendo tutta in questo frangente drammatico, con i suoi chiari difetti (tentennamenti e scarsa visione d’insieme dei problemi) ma anche con tutti i suoi pregi. Che lo stanno elevando non solo nel gradimento popolare ma anche nei contenuti della sua comunicazione politica.

Come quelli espressi oggi in Parlamento, dove a metterlo alla prova non sono state solo le abituali urla delle opposizioni ma anche gli attacchi della parte della sua stessa maggioranza rappresentata da Matteo Renzi. Perché il “ghibellin fuggiasco” (dal Pd), per dirla come il Foscolo con il suo illustre concittadino Dante, ha un problema in comune con le opposizioni, che lo porta a sostenere la voglia di tornare alla normalità senza se, senza ma e senza evidenze scientifiche: il calo dei consensi e la sparizione da sotto i riflettori dell’informazione dei media e dei social.

Ed è a tutto questo che, con la seconda frase evocativa della giornata, Conte ha risposto: «Il piano del governo persegue l’interesse generale anche con scelte impopolari: non è un programma elettorale destinato a raccogliere il consenso». Una frase che non può fare a meno di richiamare alla memoria l’Alcide De Gasperi autore della citazione che ha reso famosa la frase del teologo James Freeman Clarke: «Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo paese».

Sta qui tutta la differenza.

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Massimo Marciano
Massimo Marcianohttp://www.massimomarciano.it
Fondatore e direttore di Metropoli.online. Giornalista professionista, youtuber, opinionista in talk show televisivi, presidente e docente dell'Università Popolare dei Castelli Romani (Ente accreditato per la formazione professionale continua dei giornalisti), eletto più volte negli anni per rappresentare i colleghi in sindacato, Ordine e Istituto di previdenza dei giornalisti. Romano di nascita (nel 1963), ciociaro di origine, residente da sempre nei Castelli Romani, appassionato viaggiatore per città, borghi, colline, laghi, monti e mari d'Italia, attento osservatore del mondo (e, quando tempo e soldi lo permettono, anche turista). La passione per la scrittura è nata con i temi in classe al liceo e non riesce a distrarmi da questo mondo neanche una donna, tranne mia figlia.
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