Oggi, 2 giugno, festa della Repubblica, ritengo giovi più che mai ricordare ai nostri governanti che, sulla carta, «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale», come recita l’articolo 2 della Costituzione.
Ma l’Italia odierna è uno Stato con una disparità sociale allarmante, in cui nonostante l’elevata tassazione i ponti e le strade crollano, le scuole non sono a norma, molti anziani con la pensione minima non riescono ad avere una esistenza dignitosa dopo anni di sacrifici mentre loro coetanei appartenenti ai “giri giusti” prendono una pensione imbarazzante (ma quella delle donne è comunque in media il 35% inferiore a quella degli uomini) e la sanità pubblica è ormai poco più che un modo di dire.
Per non parlare poi dell’effettiva rappresentatività che rende pressoché inutile (e pensateci, viste le imminenti elezioni) ogni tornata elettorale, che cambia sostanzialmente solo la sorte di chi viene eletto lasciando pressoché sempre invariata la sorte degli elettori, chiunque si voti.
Insomma, visto da qui, penso che ci sia davvero poco da festeggiare.