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Aggiungi un posto in strada

Una pericolosa leggerezza alla guida in vie promiscue e inadeguate è la causa di disastrosi incidenti. Vittime tanti ciclisti incolpevoli. Basta pensare un istante in più e riportare al centro le persone, come insegna la Fondazione Michele Scarponi, nata per ricordare il campione scomparso, investito mentre stava allenandosi in strada

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A questo punto del percorso una riflessione è più che doverosa, anzi necessaria. Senza innalzarsi sul pulpito della morale e neanche abbassarsi in descrizioni cruente o additare fatti o persone. Basta solo pensare. Pensare che ogni distrazione potrebbe e può contribuire a provocare eventi spiacevoli, se non drammatici. Potrebbe incidere sul destino, declinandolo a sfavore nostro e di altre persone. Una trasgressione potrebbe trasformarsi in una tragedia, senza contare i conseguenti guai giudiziari. Di cosa stiamo parlando? Di comportamento stradale.

Quante volte abbiamo visto servizi giornalistici che ci sbattevano in faccia incidenti disastrosi o spot televisivi che ci invitavano alla prudenza. Ma non è bastato. Quante volte abbiamo pensato: menomale, mi è andata bene. Quante volte abbiamo visto piangere amici. Forse molte più volte di quanto abbiamo riflettuto o hanno riflettuto un istante in più le persone che in quel momento si trovavano al volante. Forse anche questo articolo cadrà nell’indifferenza. Ma ci provo, sostenuta dal ricordo di un campione di ciclismo: Michele Scarponi. È con lui che intendo portare avanti questo discorso, questa crociata. Si stava allenando Michele Scarponi quando, il 22 aprile del 2017, venne investito e ucciso da un furgone. Si stava preparando per il Giro d’Italia. Maglia rosa nel 2011, trionfò con la squadra nel Tour de France del 2014 e nel Giro d’Italia del 2016. Una manovra, svoltare in una semicurva. Chissà quante volte il conducente del furgone e altri automobilisti della zona l’avevano fatta, con disinvoltura, senza conseguenze, solo per accorciare il tragitto. Ma quella volta no. Quella volta, la probabilità che accadesse un incidente si è avverata. Forse bastava pensare, riflettere prima di compiere quella maledetta manovra.

Agli automobilisti non si chiede di abbandonare totalmente la propria macchina, si chiede di ragionare, porre attenzione. Proprio per evitare disastri, con danni anche alla loro persona. Perché i fattori che concorrono al verificarsi di incidenti stradali sono ancora troppi. L’eccedenza di autoveicoli a motore che con l’industrializzazione hanno avuto il dominio sui trasporti ferroviari o alternativi (che in realtà un tempo non erano alternativi perché la bici era un mezzo di uso abituale). Le strade che, nonostante l’invasione di veicoli, non sono state adeguate affinché garantiscano una percorribilità sicura, oppure possano essere transitate anche da pedoni e ciclisti ovviamente in sicurezza. In moltissime località italiane non c’è stata previsione a lungo termine che coinvolgesse l’aspetto “umano”, nessun intervento affinché mezzi e persone, anche con disabilità, potessero in futuro usufruire della strada insieme e in serenità, anche e soprattutto nei centri abitati piccoli e grandi. Eppure, nei decenni trascorsi, sono state realizzate maestose opere viarie che hanno cambiato radicalmente il volto della mobilità, lasciando tuttavia una rete capillare di strade oggi trafficate alla stregua di vie di campagna, senza marciapiedi né piste ciclabili. Alla luce di questo contesto di rischio, guidare con rispetto un’auto, una moto, un bus, un camion o anche una bicicletta, è la sola soluzione per salvarsi.

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La bici su via dei Fori Imperiali a Roma in ricordo di Eva Bohdalova, la 28enne investita e uccisa nel 2009 mentre tornava a casa dal lavoro in bicicletta

E poi il modello sociale: la macchina, che oltre ad essere un bene necessario, è uno status. E la persona cos’è? Dove è stata relegata la persona che cammina o che va in bicicletta. La persona che socializza, che vive e dà anima ad una città o ad un paese, che rispetta un ambiente naturale e umano, che alimenta il turismo del paesaggio e del patrimonio culturale.

D’altronde è la persona che conduce la macchina, non il contrario. Uno sviluppo urbanistico esponenziale e sregolato ha dato un’impronta autocentrica, ma è arrivato il momento di rivedere questa visione. Di restituire rispetto e spazio alle persone nelle strade, nelle piazze. Facciamo che la persona con le sue facoltà torni di moda, si riappropri delle proprie gambe nei luoghi in cui le macchine possono essere escluse. E ce ne sono ancora tanti. Facciamo che i più giovani possano crescere in modo sano sia nell’aspetto intellettivo sia fisico.

In questo percorso, s’inserisce il nuovo codice della strada, le misure contro l’uso dei telefonini alla guida, i controlli, i dispositivi antivelocità e molti altri strumenti che seppur esistenti e in fase di rinnovo, non sembrano avere vistosi effetti. Lo testimoniano le migliaia di famiglie delle vittime della strada che nel febbraio 2020, poco prima della pandemia, hanno fatto sentire il loro dolore in una imponente manifestazione a Roma. Probabilmente, anzi sicuramente, affinché non regni la regola del più forte è necessaria una vigilanza più serrata, ma soprattutto una continua e massiccia campagna di educazione al rispetto in strada. In attesa che vengano realizzate infrastrutture viabili anche per pedoni e ciclisti, sarebbe opportuno iniziare a rendere consapevoli le persone di cosa potrebbe accadere in strada se…

E con questo mi congedo. Sarà un privilegio essere a fianco di Michele Scarponi in due occasioni: il 16 aprile e il 22 aprile 2021. La Fondazione Michele Scarponi (https://www.fondazionemichelescarponi.com/) organizza infatti due eventi online per raccontare l’Aquila di Filottrano a 4 anni dalla sua scomparsa. Venerdì 16 aprile alle 21 è prevista la visione del docufilm “Gambe. La strada è di tutti a partire dal più fragile”. La serata del 22 aprile, sempre alle ore 21, avrà luogo l’evento “Michele non si passa”: il giornalista Marino Bartoletti guiderà nel ricordo di Michele coinvolgendo grandi personaggi del ciclismo. Entrambi gli eventi saranno visibili sui canali Facebook (https://www.facebook.com/fondazionemichelescarponi/) e Youtube della Fondazione Michele Scarponi e sono collegati alla raccolta fondi “Una ciclofficina per Cristopher”. Con le donazioni verranno acquistate biciclette per bambini e persone con disabilità che saranno impiegate nei progetti a loro dedicati.

La Fondazione lavora creando e finanziando progetti che hanno come fine l’educazione al corretto comportamento stradale, a una cultura del rispetto delle regole e dell’altro. Ad iniziative che hanno al centro l’utente fragile della strada e della società. Collabora con il mondo dello sport, la scuola, le Forze dell’Ordine, con gli organi statali deputati a controllare, mettere in sicurezza ed educare alla sicurezza stradale e con tutte le organizzazioni che hanno i medesimi obiettivi. La Fondazione Michele Scarponi per la sicurezza di tutti sulla strada è un dono che Michele e la sua famiglia hanno voluto fare all’umanità. Per ricordare che la memoria di Michele è custodita dentro un futuro migliore. Proprio per tutti.

Per la lettura dei dati sugli incidenti stradali rimando all’Istat che mostra come le restrizioni di origine sanitaria nel 2020 abbiano calmierato l’incidentalità (https://www.istat.it/it/archivio/251797), sempre sostenuta nell’anno precedente, quindi nel 2019, con un incremento dei ciclisti rimasti vittime di sinistri (https://www.istat.it/it/archivio/245757).

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Marina Testa
Marina Testa
Cresciuta a pane e televisione, maturata negli ambienti della stampa scritta, parlata e visiva, sono una giornalista professionista dal 2004 con esperienze anche nell'ambito di uffici stampa pubblici e privati. Credo nella comunicazione e nell'informazione perché significa entrare in contatto con le persone, raccontare realtà che altrimenti resterebbero fuori dalla porta della storia. A volte sono i luoghi stessi la testimonianza diretta di quanto avvenuto. A volte basta uno scatto fotografico per capire. Vivere nella Valle del Sacco ha radicato ancora di più alcune mie innate convinzioni sul rispetto e l'integrazione con l'ambiente naturale, fonte dell'esistenza di tutti. Un assioma che permea l'attivismo in una federazione per la promozione della ciclabilità.
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