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Hamas-Israele: la corsa a ostacoli dell’informazione tra “fake news” e verità

NewsGuard avverte: 15 narrazioni false, raggruppate in 4 filoni, diffuse nella Rete. Nel 2024 al voto 30 Paesi e la Ue: l'incognita dell'Ai

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La propaganda accompagna da sempre ogni conflitto armato della storia dell’umanità: per dare coraggio alle proprie truppe, per intimorire il nemico, per raccogliere il consenso dell’opinione pubblica. Spesso con la diffusione di notizie manipolate se non del tutto false. Oggi la capillare diffusione delle informazioni, resa possibile grazie alla tecnologia e all’intenso uso dei social media, che per una quota sempre maggiore di pubblico sono la base per la formazione dell’opinione, ha amplificato il campo di diffusione della propaganda di guerra. Tant’è che si parla di guerre mediatiche.

Con tutto ciò che si trascina di conseguenza, a cominciare dalla facilità di propagazione di fake news, che si fissano facilmente nella mente di ognuno. Con un’incognita che si è aggiunta relativamente di recente: l’uso dell’Ai, l’intelligenza artificiale. Nel conflitto attualmente in atto tra Hamas e Israele sono quattro i filoni di fake news che, in questi giorni, sono state fatte passare per verità nell’opinione pubblica e che come tale si sono fissate nella mente di gran parte delle persone.

NewsGuard, società indipendente che fornisce valutazioni di credibilità e schede informative per migliaia di siti di notizie e informazione, attraverso il suo team internazionale di analisti ha individuato le 15 narrazioni false sulla guerra, raggruppate in quattro filoni tematici, che si sono diffuse su X (ex Twitter), TikTok, Facebook, Instagram e sui siti di notizie. Narrazioni che su quelle piattaforme, dopo tre giorni dall’attacco di Hamas, avevano raggiunto i 22 milioni di visualizzazioni. NewsGuard ha varato un Centro di monitoraggio della misinformazione sul conflitto tra Israele e Hamas. Informazioni che si aggiungono al Misinformation Fingerprints, database costantemente aggiornato sulle principali affermazioni false diffuse online, che NewsGuard mette a disposizione su licenza.

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«NewsGuard – fa sapere la società – ha anche rilevato che i sostenitori di entrambe le parti coinvolte nel conflitto hanno spesso diffuso video e foto di guerra decontestualizzati, o hanno spacciato per autentici filmati in realtà manipolati. Su X, molti degli utenti che hanno diffuso i video falsi risultano “verificati”, il che significa che, essendo abbonati al servizio premium della piattaforma, il raggio d’azione dei loro post falsi o fuorvianti viene amplificato dall’algoritmo di X. Inoltre, la spunta blu potrebbe far pensare a chi non ha familiarità con le policy di X che l’identità o addirittura la credibilità dell’utente siano state “verificate”. Alcuni di questi account sembravano inoltre essere stati creati di recente, con l’unico scopo di diventare virali, sfruttando l’interesse globale per ciò che sta accadendo».

Tra le 15 affermazioni false individuate finora, NewsGuard ha identificato quattro temi principali riassunti da queste affermazioni prive di fondamento: l’attacco contro Israele in realtà è stato una “false flag” (operazione sotto “falsa bandiera”, commessa con l’intento di mascherare l’effettiva fonte di responsabilità e incolparne un’altra); Israele sta inscenando in alcuni video l’uccisione di bambini da parte di Hamas; l’amministrazione Biden ha approvato un pacchetto di aiuti da 8 miliardi di dollari per Israele; l’Ucraina ha venduto armi ad Hamas.

Una delle principali fake news riguarda una notizia che ha destato orrore e animato il dibattito politico, alimentando la contrapposizione tra i sostenitori acritici dell’una o dell’altra parte in conflitto. Si tratta della notizia di un massacro di civili che Hamas avrebbe compiuto nel kibbutz di Kfar Azza, a pochi chilometri dalla Striscia di Gaza. Orrore nell’orrore: tra le persone trucidate vi sarebbero stati anche 40 bambini decapitati. La prima notizia è stata diffusa da Nicole Zedeck, giornalista di I24News, un canale all-news israeliano. Da lì, la notizia dei 40 bimbi decapitati è rimbalzata su tutti i media del mondo e ha inorridito l’opinione pubblica.

La prima informazione diffusa riferiva dell’«orrore inimmaginabile» scoperto quando, tre giorni dopo l’attacco di Hamas a Israele, l’esercito israeliano avrebbe permesso l’accesso nel kibbutz di un ristretto gruppo di giornalisti di media internazionali. Ma tutti, a cominciare dalla stessa Nicole Zedeck, in realtà riferiscono di informazioni riportate dai primi soccorritori e militari giunti sul posto: nessun cronista ha visto di persona le vittime né tantomeno i corpi dei 40 bambini e neonati che sarebbero stati decapitati.

Dopo che la notizia ha iniziato a fare il giro del mondo, è arrivata la smentita di Hamas, che ha parlato di «calunnie senza prove». E un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato all’agenzia turca Anadolou: «Abbiamo visto la notizia, ma non abbiamo alcun dettaglio o conferma su questo».

Vittorio Roidi, giornalista con alle spalle una storia fatta di decenni di cronaca, di impegno sindacale e di cura della deontologia professionale, scrive: «Ogni esercito, soprattutto quelli comandati dai despoti, dispongono di abili servizi di informazione che modellano le notizie e sanno manipolare le immagini per le proprie finalità, cioè per spingere il pubblico a piegarsi verso la propria parte. Ora c’è l’Intelligenza artificiale, la tecnologia si offre agli imbroglioni, più che ai cercatori di verità».

«Come si fa – continua Roidi – a raccontare quei fatti terribili se non si sa con esattezza cosa chi siano i palestinesi, chi gli sciiti e chi i sunniti, cosa la Jjhad, cosa Gaza. Nei dibattiti ogni tanto si sente dire che in Israele si era interrotto (purtroppo secondo alcuni, per fortuna secondo altri) il dibattito sulla riforma della giustizia, ma pochi spiegano cosa c’entri con lo scoppio del terrorismo, con l’odio, con la rabbia, con il terrorismo e le crudeltà. Quante incertezze, quante notizie incomplete e incomprensibili. Hamas è il braccio armato di Gaza, ha fatto un’operazione militare inconcepibile che è logico abbia scatenato Israele e una vera e propria guerra dagli esiti spaventosi. Vero, ma i carri armati entrati a Gaza si scontreranno con blindati palestinesi? O Hamas non li possiede neppure? La risposta di Netanyahu sarà contro un esercito o contro civili inermi, che infatti ha invitato a fuggire, pur sapendo che non possono. Difficile raccontare la guerra. Grazie a quei colleghi che lo stanno facendo con notevole coraggio e onestà. Ma occorre studiare di più».

Studiare come non cadere nelle trappole della propaganda tese dalle agenzie di dis-informazione che operano nella Rete è l’imperativo più stringente per giornalisti e media. Le agenzie di dis-informazione lavorano non solo in tempo di guerra ma anche di pace, nei momenti elettorali. Il tema dell’orientamento delle scelte elettorali dei cittadini chiamati al voto, manipolando le opinioni di persone particolarmente sensibili a certi tipi di messaggio, attraverso informazioni targettizzate sulla base della raccolta dei dati di navigazione sui social media non è nuovo: nel 2016, in occasione delle elezioni presidenziali degli Stati Uniti e del referendum sull’uscita dall’Unione europea nel Regno Unito, una società è stata al centro di accuse di manipolazione del voto. Ora si aggiunge l’incognita della funzione che, in questo contesto, potrebbe giocare l’intelligenza artificiale.

L’anno prossimo saranno una trentina, nel mondo, i Paesi chiamati al voto per elezioni presidenziali o parlamentari. Fra di essi anche Usa, Russia, Ucraina, Regno Unito e Taiwan. A giugno nei 27 Stati dell’Ue si terranno le elezioni del Parlamento europeo. Steven Brill, co-Ceo di NewsGuard, lancia un avvertimento: «L’Intelligenza artificiale generativa ha moltiplicato le forze dei misinformatori. Sembra chiaro che l’ecosistema dell’informazione sia destinato a peggiorare molto velocemente».

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Massimo Marciano
Massimo Marcianohttp://www.massimomarciano.it
Fondatore e direttore di Metropoli.online. Giornalista professionista, youtuber, opinionista in talk show televisivi, presidente e docente dell'Università Popolare dei Castelli Romani (Ente accreditato per la formazione professionale continua dei giornalisti), eletto più volte negli anni per rappresentare i colleghi in sindacato, Ordine e Istituto di previdenza dei giornalisti. Romano di nascita (nel 1963), ciociaro di origine, residente da sempre nei Castelli Romani, appassionato viaggiatore per città, borghi, colline, laghi, monti e mari d'Italia, attento osservatore del mondo (e, quando tempo e soldi lo permettono, anche turista). La passione per la scrittura è nata con i temi in classe al liceo e non riesce a distrarmi da questo mondo neanche una donna, tranne mia figlia.
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