di Roberto Di Giovan Paolo
Giornalista, comunicatore, già parlamentare
Noi non possiamo non essere amici per l’eternità con chi ha subito la Shoah (la comunità ebraica mondiale) e il Porrajmos (annientamento nazista del popolo rom e sinti). Lo stato di Israele è paese amico e democratico sottoposto ad una torsione autoritaria della sua democrazia e anche del concetto di sionismo. Non confondo dunque Netanyahu con Rabin e sono al fianco degli israeliani che attendono che il premier si sottoponga ai suoi processi
Il 7 ottobre è stato un atto bestiale in stile nazista. Per me Hamas non da quel giorno non appartiene alla storia di chi ha preso le armi (sono un non violento ma anche amante della storia) perché disperato per la situazione come l’Ira, l’Eta ma anche Al Fatah e gli stessi fondatori di Israele come Ben Gurion, per esempio. La differenza è che tutti questi soggetti accettavano di trattare il nemico anche come interlocutore politico. Hamas no e difatti è colpevole anche dell’assassinio di esponenti palestinesi di Fatah.
Netanyahu è colpevole di non rispondere alla legge israeliana, di non aver spiegato dove erano il 7 ottobre il Mossad e le truppe schierate a difesa degli insediamenti di colonie, vietate espressamente dall’Onu dal 1967 (con la Risoluzione 242 del Consiglio di sicurezza, ndr), ed a mio avviso di non aver voluto cogliere l’occasione tragica del 7 ottobre per coltivare l’empatia mondiale anche dei paesi arabi. Ha voluto la guerra per trincerarsi dietro la guerra.
Non solo mi sento un privilegiato umano senza titolo alcuno nei confronti dei morti civili a Gaza (e in Ucraina, Sudan e altri 32 conflitti in corso) ma penso con timore a cosa saranno tra dieci anni gli adolescenti palestinesi che dovranno decidere del futuro loro e dei vicini israeliani. Sento tutto il timore per la vita degli israeliani che dovranno vivere in uno stato assediato quando Netanyahu non ci sarà più ma nel frattempo lo avrà reso inviso, insicuro e meno democratico.
Spiegare tutto questo, che deriva da anni in cui abbiamo visto Rabin e Arafat, due capi politici e militari, stringersi la mano (in occasione degli accordi israelo-palestinesi di Oslo del 1993, con il sostegno del presidente Usa Bill Clinton, ndr) e poi perire per mano di rispettivi fondamentalisti (anche sulla morte di Arafat ci sono ombre di avvelenamento mentre sull’assassinio di Rabin sappiamo tutto e Nethanyau ha portato al governo i successori politici di quei fondamentalisti), ai nostri figli e chiedergli attenzione e moderazione è impresa difficile.
La pazienza è virtù rivoluzionaria e io da obiettore/affermatore di coscienza credo che abbiamo tutti un compito difficile, il più difficile: mantenere il ruolo della politica che è discernimento e capacità di direzione anche quando tutti si sforzano solo di spararle grosse per soddisfare i social media o la propria rabbia.
La Pace è la sola speranza e bussola della vera politica. È chiaro dunque che per me lo Stato italiano debba riconoscere ora lo Stato della Palestina ed operare per la risoluzione Onu: due popoli, due Stati.








