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Dal Perù all’Italia con amore per l’arte

Giovane pittore peruviano trapiantato in Italia, Mario Auad si racconta in occasione della sua mostra a Orbetello. La prossima sarà a Cassino

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Durante l’estate i luoghi di vacanza offrono numerose occasioni di fruizione culturale. A Orbetello, nella bassa Toscana, vicino al Monte Argentario, tali occasioni sono frequenti. La città è molto viva d’estate, ma non soltanto, ed è il punto di riferimento di tutte le numerose località circostanti. In questo periodo, dal 18 al 25 agosto, la sala espositiva ex Frontone a Piazza della Repubblica, vicino al Duomo tardogotico, ospita Sotto nuova luce: luoghi e paesaggi toscani, la mostra d’arte personale di Mario Auad, un giovane e originale pittore peruviano.

Auad si è formato alla Scuola nazionale di Belle Arti del Perù, a Lima, per poi laurearsi in Arte alla Facoltà di Lettere e Scienze umanistiche dell’Universidad Mayor de San Marcos. Abbiamo avuto occasione di visitare la mostra e dialogare con l’artista.

Lei si è formato artisticamente in Perù. Quali ambiti dell’arte europea sono più rappresentativi per le scuole e le accademie d’arte del suo Paese?

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«Mi sono formato nella Scuola nazionale di Belle Arti del Perù (Ensabap), a Lima, tra il 1998 e il 2004, in un periodo in cui era in atto un cambiamento nell’impostazione tradizionale delle scuole d’arte peruviane. Da una formazione basata sostanzialmente sull’arte classica si incominciava a recepire la lezione delle avanguardie artistiche di quel periodo storico, come la video art e gli happening, quella forma d’arte contemporanea nata con Allan Kaprow. La Scuola d’arte che ho frequentato allora e che mi ha formato è la scuola più antica del Perù e penso di aver vissuto un momento di rinnovamento e di fermento culturale molto importante per la storia dell’insegnamento e della cultura artistica del mio Paese».

Da quando ha iniziato a esporre le sue opere?

«Ho iniziato molto presto, quando ero ancora studente. La mia prima partecipazione a una mostra d’arte collettiva risale al 1998. Era una mostra organizzata nei locali espositivi dell’Università di San Marcos a Lima, la più antica università del Sudamerica. Dopo quella esperienza, come giovanissimo artista ho partecipato a molte altre importanti mostre collettive dedicate alle correnti artistiche peruviane come, ad esempio, la mostra nei locali dell’Alliance française di Lima nel 2006, oppure la mostra  Symbiosis, nel 2018, curata da Olga Lamas, in occasione del Festival di arti visuali Open studios nel quartiere di Barranco a Lima».

Negli anni scorsi sono stati frequenti i suoi soggiorni in Italia e le visite per studio ai numerosi musei. Quali autori e aspetti della storia dell’arte italiana l’hanno maggiormente interessata?

«Il mio primo e principale interesse quando ho visitato per la prima volta l’Italia sono state le opere di Caravaggio e quelle degli artisti del Barocco italiano. Poi a Palazzo Pitti sono stato enormemente affascinato dai macchiaioli dell’Ottocento italiano, dalla loro scelta dei soggetti, dei paesaggi agricoli, la loro raffigurazione di animali e contadini, e dal loro uso puro del colore. Per me è stata una affascinante scoperta. Loro, e soprattutto Giovanni Fattori, un loro caposcuola, hanno influenzato la mia visione dell’arte figurativa. Le sue ambientazioni nei luoghi della Maremma hanno lasciato una traccia profonda su di me. La mia mostra, in fondo, è idealmente dedicata a lui e alla sua poetica».

La sua personale a Orbetello propone numerosi paesaggi toscani, della Maremma, e scene figurative tutti realizzati con colori acrilici. Quali correnti artistiche, autori e tecniche pittoriche contemporanee l’hanno più influenzata?

«Tra le correnti dell’arte contemporanea mi ha molto influenzato la pop art, in particolare la visione artistica di Andy Warhol e David Hockey.  Sentivo che il loro modo di dipingere era innovativo e intelligente. Le loro opere hanno inciso molto sulla mia formazione sin da quando frequentavo la scuola di belle arti, dove era ancora molto influente la corrente “indigenista” e l’opera di José Sabogal dei primi anni del Novecento. In fondo, potrei dire che la mia pittura è una sintesi tra il loro modo innovativo di fare arte e la sensibilità poetica dei macchiaioli e di Fattori, il tutto riletto sotto l’ottica dell’arte indigenista peruviana».

Quali progetti futuri ha per la sua attività artistica nel nostro Paese?

«Ho scelto da poco di vivere stabilmente nel vostro Paese e mi sto ancora acclimatando al ricco contesto culturale italiano. Nell’immediato ho in programma una mostra personale a Cassino, nel Lazio, in Ciociaria. Sono molto legato affettivamente alla storica città di Cassino e mi fa molto piacere avere l’opportunità di esporre prossimamente lì. Con l’occasione mi permetta di ringraziare l’associazione artistico-culturale orbetellana “Kaletra Contemporanea”, che ha organizzato la mia mostra personale, e il Comune di Orbetello, che ha patrocinato l’evento ospitandomi nella sala espositiva».

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Salvatore Speranza
Salvatore Speranza
Romano, di formazione epistemologo e teorico della comunicazione. È giornalista e divulgatore scientifico per vari supplementi culturali, scrivendo di matematica, scienze cognitive e naturali, oltre che di comunicazione e di sociologia politica. È presidente regionale Lazio di una storica associazione civica nazionale, per la quale segue prevalentemente i settori ambiente e rifiuti, politiche sociali, relazioni istituzionali e governance.
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