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Bioagricoop: alle origini del pensiero “bio”

«Quando siamo nati non esisteva un regolamento sull'agricoltura biologica: era una “rivoluzione” parlare di sostenibilità, tra molti scettici»

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Temi come la sostenibilità, la difesa dell’ambiente, la valorizzazione della qualità dei prodotti e del territorio sono oggi comuni oggetti di dibattito. Parlarne negli anni Ottanta, ma soprattutto operare attivamente in quei settori, significava addentrarsi in un terreno nuovo. È il percorso che ha intrapreso “Bioagricoop”, società cooperativa dell’Emilia Romagna che si occupa di agricoltura biologica e sviluppo sostenibile ed aderisce ad Agci, l’Associazione generale delle cooperative italiane.

«La filosofia di “Bioagricoop”– di ce il presidente, Riccardo Cozzo – si basa principalmente sull’applicazione del metodo di lavoro cooperativo con la creazione di reti che mettono in contatto tecnici ed esperti, ricercatori ed università, rete di competenze, operatori ed aziende. Ci occupiamo, inoltre, di promozione, ricerca, formazione per le imprese di settore».

Presidente, quando e dove nasce Bioagricoop?

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«Nasce a Bologna nel 1984. Quest’anno compie 38 anni».

Di cosa si occupa la società cooperativa?

Riccardo Cozzo

«La mission della cooperativa mira allo sviluppo, alla promozione e alla formazione del settore agroalimentare in termini di sostenibilità. Da veri precursori, abbiamo cominciato a parlare di sviluppo sostenibile in tempi non sospetti, sin da quando ci siamo costituiti. Fu una novità rispetto a oggi in cui c’è sicuramente una maggiore sensibilità, cultura ed educazione ambientale. “Bioagricoop” è una struttura associativa senza scopo di lucro, nata con l’obiettivo di contribuire alla diffusione dell’agricoltura biologica, sia a livello nazionale che internazionale».

«È una società cooperativa che collabora con una vasta rete di esperti, tecnici, ricercatori, formatori ed operatori con l’obiettivo di promuovere il bio e la sostenibilità. L’attività è principalmente di supporto alle aziende, operatori ed enti del settore che sostengono il medesimo obiettivo. Sono oltre 5mila gli operatori coinvolti, 8 Paesi in cui operiamo, 11 progetti finanziati dall’Unione europea, 38 anni di attività. Dietro a questi numeri si cela l’impegno e la passione per la tutela dell’ambiente, la diffusione della biodiversità e la valorizzazione del territorio».

Com’è nata la cooperativa?

«Quando è nata la cooperativa non esisteva ancora un regolamento ufficiale sull’agricoltura biologica e di certo non è stato facile sostenere, divulgare la “cultura biologica”, cioè un’agricoltura che escludesse l’uso della chimica di sintesi a favore dei processi naturali. In quell’epoca è stata una “rivoluzione” parlare e sviluppare progetti seguendo i principi dello sviluppo sostenibile. Io mi ero da poco laureato all’Università di Bologna, Facoltà di Agraria».

«Erano gli inizi degli anni ’80 quando ho cominciato a organizzare convegni, seminari di sensibilizzazione sulle tematiche che riguardavano l’agricoltura biologica, la biodiversità e in cui si discuteva su come utilizzare tecniche naturali a difesa dell’ambiente. Ricordo bene che i miei colleghi universitari assistevano agli incontri mostrandosi scettici. Ma poi il tempo ci ha dato ragione, soprattutto se pensiamo a oggi, quando tematiche come la transizione ecologica, l’economia circolare, lo sviluppo sostenibile hanno acquisito grande rilevanza, se non addirittura priorità in ambito politico, sociale e culturale».

«Il secondo passo della cooperativa è stato quello di organizzare i primi agricoltori che producevano prodotti biologici, destinati alla vendita in qualche piccolo mercato. Abbiamo convinto la Coop Emilia-Veneto a introdurre questi nuovi prodotti bio e ci siamo riusciti.  Furono chiamati “prodotti con amore” e riguardavano soprattutto l’ortofrutta. Anche se eravamo agli albori di un’attività commerciale che sarà poi più diffusa, il consumatore sapeva che in quella determinata area del supermercato trovava prodotti freschi bio. Oggi collaboriamo molto con l’Università di Bologna per sviluppare progetti di ricerca».

Svolgete attività all’estero?

«Tra in nostri programmi ci sono anche quelli inerenti allo sviluppo e alla cooperazione con i progetti finanziati dall’Unione europea, grazie ai quali, in particolare, abbiamo lavorato in Paesi Terzi come il Sud Est asiatico, Cina, Brasile, portando la nostra idea di agricoltura biologica, soprattutto nelle aree rurali, in cui abbiamo creato l’opportunità di produrre prodotti tipici di quelle zone. Bioagricoop in oltre 30 anni di attività a stretto contatto con l’Unione europea ha acquisito una solida reputazione grazie ai numerosi progetti selezionati e gestiti con successo».

«Se ognuno produce quello che è tipico si valorizzano le proprie tradizioni e, allo stesso tempo, non si fa una concorrenza sleale. Se io produco in Thailandia il loro tipico riso, ovviamente non entro in concorrenza con i risi che produciamo noi qui, che hanno caratteristiche diverse. Adesso stiamo lavorando su un progetto Ue per la promozione dei prodotti biologici europei, ovviamente per quanto ci riguarda saranno messi in rilievo quelli italiani, soprattutto delle aziende a noi associate. Cercheremo di aprire nuovi mercati anche negli Stati Uniti».

Lei è presidente dall’84?

«Si, sono sempre stato io il presidente.

Quanti soci?

«I soci effettivi sia in ufficio sia in laboratorio sono 19. Alcuni lavorano con noi a tempo pieno, altri svolgono anche altre attività professionali. Diventare soci della cooperativa significa affrontare nuove sfide contando sul supporto di un’associazione diretta da imprenditori e professionisti. Grazie alla conoscenza dei problemi, delle potenzialità e delle opportunità di settore, Bioagricoop opera costantemente per l’affermazione delle imprese, elaborando soluzioni ottimali per ottenere i massimi benefici».

Cosa vuol dire cooperare per lei?

«Significa operare insieme secondo i principi, i valori della buona e sana cooperazione quali valorizzazione del territorio, creazione del lavoro, tutela dell’ambiente. Lo strumento cooperativo è quello ideale per esprimere un concetto di “sostenibilità sociale”, che è uno dei pilastri dello sviluppo sostenibile e rappresenta la capacità di garantire condizioni di benessere, equità e giustizia sociale.  Le imprese devono essere, inoltre, anche sostenibili economicamente, cioè devono generare un valore, produrre reddito e lavoro in maniera duratura. Quando si parla di sostenibilità, le cooperative hanno sicuramente un ruolo importante e una struttura ideale per applicare questi concetti nobili e concreti».

Il rapporto con Agci?

«Ricordo che i primi contatti con l’Associazione generale delle cooperative italiane li ho avuti con alcuni rappresentanti a livello locale. C’è stata subito una sintonia, una condivisione di idee ed ideali».

Dopo anni di attesa da parte degli operatori, ferma per più di due anni al Senato, la legge sul biologico approda in questi giorni alla Camera per il voto conclusivo. Qual è il suo pensiero?

«È una norma che prevede strumenti e opportunità per sostenere gli investimenti per gli agricoltori in questo settore: dal marchio bio italiano alla limitazione dei fitofarmaci nei distretti biologici. Credo che dovrebbe prevedere il sostegno molto più specifico delle attività di ricerca, che rappresentano uno strumento prezioso per favorire lo sviluppo della “economia verde” relativa a settori come quelli dei prodotti naturali e dell’agricoltura biologica. È necessario individuare nuove soluzioni ed approcci per rispondere alla richiesta dei consumatori di prodotti ecosostenibili che abbiano comunque le medesime prestazioni dei prodotti tradizionali. Il biologico è un settore in continua crescita, così come cresce la sensibilità dei cittadini nei confronti dei modelli produttivi sempre più attenti all’impatto sociale e ambientale».

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Mascia Garigliano
Mascia Garigliano
Orgogliosamente calabrese, romana d’adozione. Nata nel 1983, giornalista professionista dal 2010. Attualmente sono responsabile ufficio stampa di AGCI (Associazione generale cooperative italiane). La scrittura e la lettura sono il mio pane quotidiano. Ho esperienza come redattrice, addetta stampa, social media manager e organizzatrice di eventi. Adoro viaggiare, fisicamente e con la fantasia. Il tempo libero lo passo a cucinare, nuotare e boxare. Particolare predilezione per i cani, amo la natura e i casolari in campagna, con mare annesso. Un mio motto? “Può cambiare il modo di comunicare ma il giornalismo rimane pur sempre il Quarto potere”.
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