La parabola artistica e la vicenda personale di Alvaro Vitali ci sbattono in faccia senza infingimenti la nostra natura in questi tempi. Siamo un paese in cui ti viene perdonato tutto, tranne il successo, come diceva Enzo Ferrari, e dove la gloria dura solo un attimo, come scrive Dino Zoff nel suo libro che ricorda la sua vita. Ma, soprattutto, siamo diventati un paese che non ha più memoria, se non a brevissimo termine e per quello che si riesce a trovare con una rapida ricerca su Google, e non ha più alcuna riconoscenza per nessuno, neanche per chi ci ha posto di fronte ai nostri difetti e ai nostri limiti ma ci ha aiutato a riconoscerli e superarli.
Noi tutti abbiamo con orgoglio rivendicato la nostra singolarità, un tempo, atteggiandoci in maniera critica come il “Pierino della situazione”, espressione divenuta tipica grazie al personaggio che Vitali ha immortalato nei suoi film. E noi tutti in quel Pierino, semplice e diretto personaggio del popolo (quello originale, non le copie costruite ad arte per consenso elettorale), ci siamo riconosciuti.
Ci siamo riconosciuti in lui a tal punto che, grazie a Pierino, abbiamo riso di noi, della nostra semplicità, dei nostri difetti. Dimenticandocene subito, all’uscita della sala cinematografica, perché la società dell’apparenza ci impone di essere forti, belli, infallibili: tutto il contrario dei Pierino che in realtà siamo. «In vita gli è mancato il rispetto», ha detto nella sua omelia funebre il parroco della basilica di San Pacrazio a Roma.
Quanti personaggi che noi oggi riconosciamo come icone di bellezza o star del cinema e della tv hanno avuto come spalla Vitali, su sui si sono appoggiati per diventare quello che sono diventati? E quanti, a parte Carlo Verdone, Sergio Martino, Fulvio Abbate e Nadia Bengala, erano alle sue esequie? E gli sono stati vicini negli ultimi momenti di difficoltà? Fino al suo tragico epilogo che, ironia del destino, Vitali non ha potuto neanche vivere nel suo letto o in quello di un ospedale, ma che si è compiuto sulle scale di un comunissimo palazzo come tanti delle nostre città.
Diego Armando Maradona ha più volte risposto, a chi gli diceva che lui era stato il più forte di tutti, che se aveva potuto compiere le sue imprese è stato solo perché i suoi dieci compagni di squadra gli portavano il pallone avanti per permettergli di fare quello che faceva. Maradona, con i suoi pregi e difetti umani, anche per questo è stato un grande personaggio dentro ma anche fuori dalle scene. La parabola di Alvaro Vitali ci insegna i limiti reali di tanti sedicenti Maradona che hanno potuto beneficiare dei palloni portati avanti con generosità e modestia da Pierino.
L’ultima barzelletta di Pierino ci fa ridere con amarezza. Perché ci ricorda un paese che omaggia il potente di turno, salvo poi correre in massa, al momento della sua caduta, ai piedi del suo patibolo. Un paese che ha sempre aspettato che fosse qualcun altro a decidere per lui, che ha accettato supinamente il dominio di altri paesi: siamo il paese del «Francia o Spagna purché se magna».
Un paese che si lamenta in coro sui social e nei bar per le sempre più crescenti differenze economiche, per la mancanza di un lavoro sicuro e inorridisce quando un proprio caro viene lasciato in attesa di un esame diagnostico urgente per mesi a causa dei tagli imposti alla sanità pubblica e ai turni massacranti e inumani a cui è soggetto il personale sanitario. Ma è anche un paese dove nessuno fa una piega se il potente di turno, con il suo fare da bulletto di paese (e l’Istat oggi ci ricorda che un ragazzino su 5 nel 2023 è stato vittima di bullismo), ci ordina di portare al 5% del Pil le spese militari, raddoppiandole, e ci spinge sull’orlo della terza guerra mondiale mentre tremiamo in attesa della scadenza del nostro ennesimo contratto precario di lavoro e siamo ansiosi pensando al futuro dei nostri figli.
Pierino è ed è stato sempre ognuno di noi. Pierino è ed è stato sempre chiunque, in qualunque ambito, nel lavoro come nella politica o nelle attività sociali, ha lavorato con convinzione e onestà dietro le quinte, permettendo ad altri di ottenere la ribalta e gli applausi.
Pierino siamo noi. Che abbiamo perso la sua semplicità ma anche tutta la sua dignità. E non ci riconosciamo più.