Si resta incollati alla poltrona del teatro, e i 70 minuti dell’atto unico scorrono velocissimi, assistendo alla rappresentazione de “Il marito invisibile”, dello scrittore e regista Edoardo Erba. Sul palco, le bravissime attrici Maria Amelia Monti e Marina Massironi si trovano a recitare sullo sfondo di un blu screen, quasi sempre sedute alle loro “postazioni”, sovrastate da due maxischermi, che riproducono gli ambienti delle loro case.
Monti e Massironi alimentano una lunga chat, imposta dai 500 chilometri che le separano, forse anche causata da un lockdown, oppure semplicemente utilizzando il mezzo elettronico perché ormai si sono calate nell’incomunicabilità “fisica”, che caratterizza da tempo la nostra società. Con un facilissimo click si chiude la conversazione, oppure si riapre, e con uno scorrere sullo schermo del telefonino ci si illude di trovare ciò che cerchiamo.
E Massironi crede, infatti, di aver trovato l’uomo della sua vita attraverso una app di incontri. L’uomo ha solo una strana “caratteristica”, come la definisce lei: è invisibile. Il nome del marito è Lukas, forse in omaggio, visti i richiami alla fantascienza lungo tutta la commedia, al regista George Lucas, il creatore della saga cinematografica “Guerre stellari”. I rimandi a Lucas sono molti: ad esempio, l’utilizzo di suoni particolari e gli effetti di luce per sottolineare la “presenza” del marito invisibile (si pensi soltanto al corto “Herbie”, che Lucas realizza nel 1966, ancora studente della scuola di cinema, e che ritrae riflessi di lampi di luce). “L’uomo invisibile”, consigliatissimo, ci regala molta ironia e altrettanti colpi di scena, per far riflettere su grandi temi. Del resto, Aristofane docet: ridendo si rivelano al mondo grandi verità.
Ringrazio particolarmente l’attrice Maria Amelia Monti per avermi concesso l’onore di intervistarla (qui di seguito le sue parole) e per avermi omaggiata del biglietto nel primo settore. Ulteriori ringraziamenti vanno anche alla puntuale Paola Manetta e al personale del teatro “Lauro Rossi” di Macerata.
Prossimi appuntamenti: il 26 ottobre a Todi. Il 9 novembre a Macomer. Il 10 a Sassari (teatro Verdi). Dal 17 al 19 e dal 24 al 26 novembre a Catania (Teatro ABC). Dal 5 al 10 dicembre a Roma (Teatro Quirino-Vittorio Gassman). Il 12 dicembre a Cesano Boscone. Il 13 dicembre a Borgomanero. Il 14 e 15 dicembre a Brugherio. Il 16 a Cassano Magnago. Il 17 a Ivrea (Teatro Giacosa).
Ecco l’estratto della nostra chiacchierata, che trovate in versione integrale sul mio canale YouTube e sul mio profilo Instagram.

Cos’è la solitudine per Maria Amelia Monti?
«La solitudine può essere sentirsi soli in mezzo a tanta gente. È una situazione interna che tutti abbiamo provato. Lo spettacolo, scritto da Edoardo Erba, parla anche di solitudine, che specialmente in questo periodo si è manifestata in modo più evidente. Adesso si usa di più la videochiamata, molti lavori si fanno da casa, per cui ci si avvia verso un’ulteriore solitudine».
E l’amicizia?
«L’amicizia è una cosa fondamentale. Penso che possa essere più duratura di un amore. L’amicizia va difesa: è una cosa che uno deve proteggere».
E l’empatia? Esiste ancora in questo mondo?
«Sono buddista da 40 anni: il buddismo giapponese, che ha come oggetto di culto la buddità, che tutti abbiamo dentro e che è basata sul rispetto della vita di tutti. Tento di seguire questa direzione, profondamente, come cosa naturale, dal cuore. Non è sempre facile. Ma se tutti facessimo un lavoro serio su noi stessi, forse ci sarebbero meno guerre».
