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Servizi, segreti e politica

L'ultimo cambio ai vertici dell'intelligence, che ha portato per la prima volta una donna a capo del Dis, l'ambasciatrice Elisabetta Belloni, avviene al termine di una lunga guerra politica

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Le vicende dei servizi segreti in Italia, dal dopoguerra a oggi, vengono accolte dai cittadini italiani quasi sempre con scetticismo e diffidenza: quasi nessuno conosce i nomi e gli incarichi che si muovono dietro le quinte. L’ultimo cambio ai vertici dell’intelligence nostrana, che ha portato per la prima volta una donna a capo del Dis (l’organismo che coordina le agenzie operative, Aise e Aisi), l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, che era segretaria generale del Ministero degli Esteri, avviene al termine di una lunga guerra politica. Esultano Lega e renziani, ma non tanto per il nominativo sopraggiunto quanto per la rimozione dall’incarico di Gennaro Vecchione, su cui l’ex premier Giuseppe Conte si era speso tantissimo. Resta invece irrisolto il nodo della presidenza del Copasir, l’organismo parlamentare di controllo, che dovrebbe finire nelle mani dell’unico partito di opposizione, Fratelli d’Italia, operazione resa adesso più semplice dalle dimissioni dell’attuale Presidente, il leghista Raffaele Volpi.

Il ribaltone di Mario Draghi, che con la Bellone ha in comune la frequentazione dello stesso liceo gestito dai Gesuiti, in materia di servizi avviene all’indomani di un’audizione dello stesso Vecchione al Copasir, dedicata all’ormai famoso incontro all’autogrill tra l’ex premier Renzi e il capocentro del Dis Marco Mancini, già implicato in diversi scandali, il rapimento di Abu Omar e le intercettazioni illegali Telecom, da cui è uscito indenne solo grazie all’apposizione del segreto di Stato. L’incontro tra i due è avvenuto nel periodo in cui Renzi stava attaccando a fronte bassa Conte perché il premier non voleva cedere la delega ai servizi segreti. Da questo si potrebbe pensare che, al di là della liceità o meno dell’incontro, Renzi volesse usare Mancini in chiave anti Conte. Eppure soltanto due anni fa, quando Conte governava una maggioranza sostenuta dalla Lega, il premier, con il sostegno del sottosegretario Angelo Tofalo e dell’allora vicepremier Matteo Salvini, stava valutando la nomina di Marco Mancini a vicedirettore dell’Aise.

Conte raccolse anche il parere favorevole di Gennaro Vecchione, a capo del Dis fino a ieri. Poi d’improvviso c’è da parte di Conte uno scarto: nel decreto sulle misure anti-covid del 30 luglio 2020 viene inserito un passaggio che permette al premier di prorogare per altri 4 anni l’incarico di Gennaro Vecchione, nominato a dicembre 2018 e quindi al termine del 2020 in uscita. Lo fa scavalcando l’organismo di coordinamento, composto da sei ministeri, che dovrebbe sovrintendere al tutto. Da quel momento la difesa ostinata di Vecchione diventa uno dei momenti più significativi della presidenza Conte. Va anche detto che il Dis è passato dai poteri limitati degli inizi a gestire in autonomia un settore chiave dell’intelligence attuale, quello legato al coordinamento delle attività di difesa cyber, un punto di riferimento inevitabile per tutti i soggetti pubblici e privati impegnati nella protezione delle reti informatiche del Paese. Un pezzo di potere reale per capirci. Oltre all’interesse per l’assegnazione degli ingenti fondi europei destinati a contrastare la cyber-criminalità. C’è però un altro retroscena da spiegare.

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Vecchione ha incarnato in pieno la gestione della presidenza del Consiglio da parte di Conte soprattutto in relazione a una vicenda dai contorni internazionali mai chiariti del tutto. Due anni fa scoppiò infatti il caso di Joseph Mifsud, il docente in contumacia della università privata Link Campus, ritenuto da Donald Trump un uomo chiave dello scandalo Russiagate. In quell’occasione avvennero due colloqui tra il ministro Usa William Barr e i vertici dell’intelligence e in una delle due riunioni era presente il capo del Dis Vecchione, dopo contatti diretti tra Barr e Conte. Ancora oggi non è chiaro il motivo per cui Conte autorizzò il politico statunitense ad incontrare i capi dei nostri Servizi. Un filo rosso, quella che lega l’ex premier Conte all’ex presidente Usa Trump, che manifestava un’idea precisa di geopolitica, con un asse privilegiato tra Roma e Washington. La nomina della Bellone sembra adesso porre fine a quella fase della nostra politica di sicurezza. Se questo sarà un bene o un male per i cittadini lo scopriremo nei prossimi mesi.

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Gianluca Cicinelli
Gianluca Cicinelli
È stato a lungo direttore dell’informazione di Radio Città Futura di Roma. Ha collaborato con quotidiani e periodici nazionali e si occupa principalmente d’inchieste sulle zone d’ombra tra servizi segreti, criminalità organizzata e istituzioni. Ha pubblicato due libri sul rapimento di Davide Cervia. Propone spesso corsi di formazione giornalistica popolare. Ha realizzato la video inchiesta “Coperti a Destra” sulla strage di via Fani del 16 marzo 1978. Attualmente collabora con la Lumsa di Roma.
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