Raccontavano con i loro reportage e con immagini dall’alto, riprese grazie a piccoli droni, le conseguenze drammatiche sulla popolazione civile e sul territorio dei raid dell’esercito israeliano nella Striscia di Gaza. Per questo sono stati uccisi con azioni militari mirate. Sono oltre duecento i giornalisti palestinesi rimasti vittime di questi attacchi perché non potessero più raccontare l’orrore che sta vivendo la popolazione civile in conseguenza delle operazioni militari. Ed è incalcolabile il numero delle vittime connesse a questi omicidi mirati, spesso condotti con attacchi missilistici di notte contro le abitazioni dei giornalisti: molti gli altri morti, tra i familiari e i vicini di casa dei cronisti uccisi.
Senza dimenticare le pressioni, le censure e i boicottaggi messi in atto contro quei giornalisti israeliani che, dopo gli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023, hanno criticato il governo di Benjamin Netanyahu per aver utilizzato la motivazione della reazione contro i nuclei di terroristi per condurre invece l’azione militare tuttora in atto: una lunga campagna militare che non è una guerra contro i terroristi ma uno sterminio pianificato della popolazione palestinese. Un’operazione di “eliminazione” di un intero popolo che molti, anche nello stesso Israele, non definiscono “guerra”, perché condotta in maniera asimmetrica da un esercito organizzato contro civili disarmati, e che mette in serio pericolo anche il diritto dei cittadini israeliani a vivere in sicurezza.

Sono questi i temi discussi questa mattina a Roma, nella sede dell’Ordine nazionale dei giornalisti, nel corso del dibattito “Verità su Gaza”, organizzato da Controcorrente Lazio, componente regionale della Federazione nazionale della stampa, sindacato unitario dei giornalisti italiani, da Amnesty International Italia e dall’associazione Articolo 21. «Non è accettabile – dice Controcorrente Lazio in un comunicato diffuso dopo l’incontro – che da 18 mesi sia impedito ai giornalisti della stampa internazionale di accedere a Gaza, anche per proteggere con la loro presenza la vita dei colleghi palestinesi, e che sia negato il diritto all’informazione. Reso sempre più difficile anche a quei giornalisti israeliani che raccontano in modo limpido quanto accade a Gaza e in Cisgiordania, senza accettare intimidazioni».
Un racconto completo e corretto dei fatti che non arriva all’opinione pubblica mondiale perché non viene ripreso da gran parte degli organi di informazione: non si dà spazio ai racconti dei colleghi palestinesi delle continue uccisioni di bambini, donne e anziani, ai video e alle immagini che riprendono quotidianamente per documentare gli attacchi alle strutture civili e anche agli ospedali, perché sta passando la falsa narrazione che siano “amici di Hamas”. Ma, spiega Controcorrente Lazio, sono «colleghi che con grande coraggio, a rischio della vita propria e dei familiari, continuano invece a documentare i crimini cui assistono fino all’ultimo respiro e il cui lavoro, purtroppo, salvo lodevoli eccezioni, è spesso ignorato dalla gran parte dei media italiani».
E non può continuare a essere usato lo stigma dell’antisemitismo, che è ben altra e gravissima cosa, contro chi si limita a esercitare il diritto di cronaca su ciò che sta accadendo e quello di critica delle scelte politiche e militari del governo Netanyahu.
«Fermare la “guerra ai giornalisti palestinesi” a Gaza, uccisi dall’esercito israeliano per rendere totale il blackout mediatico sul massacro in corso della popolazione civile. Uccisi spesso con indosso i loro giubbotti di reporter in un numero mai visto in nessun conflitto recente». È questo il messaggio dell’iniziativa di oggi, nel corso della quale è stato anche proiettato il servizio di “Presa diretta” sull’uccisione del giornalista Mahmoud Isleem (pubblicato in fondo a questo articolo).

Al termine dell’incontro, è arrivata la richiesta di una mobilitazione dei giornalisti in Italia e in Europa, davanti al Parlamento europeo, con comunicati dei comitati di redazione sui giornali e videocomunicati. E che la Rai dedichi, oltre a un’attenzione costante e veritiera dei suoi Tg e Gr, una prima serata dedicata Gaza e a quella che l’Onu definisce la pulizia etnica in corso.
Drammatica, nel corso dell’iniziativa, la testimonianza resa in videocollegamento da Gaza del giornalista palestinese Alhassan Selmi: «Non è facile sapere se domani sarò vivo, ma vado avanti. Senza cibo, acqua, medicine, è difficile sopravvivere. Non smettete di parlare di noi».