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Attacco alla natura: Okavango

Il meraviglioso fiume del Botswana si trova lontano da laghi e mari. Per una serie di motivi, è uno degli ecosistemi più insoliti del Pianeta

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Il delta dell’Okavango si trova in Botswana e rappresenta il secondo delta interno più grande del mondo, oltre che essere inserito dall’Unesco nella lista dei siti patrimonio dell’umanità per un’area definita il “Louvre del deserto”, dove sono conservate oltre 4.500 pitture rupestri risalenti a 1.200 anni fa, create dalla tribù indigena San che considera questo luogo sacro. Il meraviglioso fiume è situato più precisamente nel nord del Botswana e si trova lontano da laghi e mari e per una serie di motivi, è uno degli ecosistemi più insoliti del Pianeta.

Formato dal fiume Okavango che nasce in Angola, il delta dell’Okavango raggiunge la foce dopo un lungo percorso di circa 1.000 chilometri. Nel 1965 una parte del territorio del delta è stato dichiarato riserva naturale, col nome di Riserva faunistica Moremi. Attorno al delta vivono cinque gruppi etnici bantu, tradizionalmente dediti a un sistema di sostentamento misto che include agricoltura, pastorizia, pesca e caccia.

Questo concentrato di biodiversità è in pericolo: ambientalisti e capi delle comunità in Namibia e Botswana stanno lanciando l’allarme per le attività di esplorazione e potenziale produzione di petrolio e gas che temono minacceranno le risorse idriche di migliaia di persone e la fauna selvatica già in pericolo. Un’azienda di esplorazione petrolifera canadese ha una licenza di 25 anni di produzione per oltre 35.000 chilometri quadrati di territorio a cavallo tra i due Paesi con la chiara intenzione di aprire un nuovo giacimento di petrolio e gas.

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Il primo passo, già approvato dal governo namibiano, sarà trivellare dei pozzi di prova profondi circa 24 chilometri nel nordest del Paese per determinare la presenza o meno di petrolio e gas utilizzabili. Esperti hanno esaminato la valutazione di impatto ambientale namibiana evidenziando gravi problematiche nelle modalità di esecuzione, nonché la mancanza di valutazioni fisiche su fauna e flora e dei possibili effetti sulle comunità locali e altre popolazioni, sui siti archeologici e sulle acque freatiche e di superficie.

Se sarà trovato il petrolio, l’azienda ha come obiettivo la trivellazione di centinaia di pozzi e l’uso, per alcuni di essi, della metodologia nota come fracking o fratturazione idraulica, una pratica controversa che prevede l’iniezione nella roccia sotterranea di un fluido ad alta pressione per provocare una frattura nel sottosuolo e poter estrarre petrolio e gas. Questa tecnica, molto efficace per ottimizzare la resa dell’estrazione di petrolio e gas dalle rocce, solleva grandi preoccupazioni ecologiche in quanto richiede grandi quantità di acqua ed è una causa nota di terremoti, inquinamento delle acque, rilascio di gas serra nonché di maggiore incidenza di tumori e malformazioni congenite.

Può essere disastrosa per la fauna selvatica perché può contaminare la catena alimentare, distruggere gli habitat e causare morie di massa di pesci ed altre specie acquatiche. Le infrastrutture necessarie per l’esplorazione e l’estrazione prevedono la costruzione di strade, oleodotti e gasdotti, nonché edifici, tutte realizzazioni dall’impatto sicuramente negativo sugli habitat di animali, sulle rotte migratorie e sulla biodiversità.

La minaccia che le trivellazioni petrolifere rappresentano per uno dei più variegati ecosistemi del Pianeta e per le oltre 200.000 persone che vivono in questa regione è sconvolgente. La regione dell’Okavango ospita le più grandi mandrie di elefanti africani rimaste, 18.000 esemplari circa, e una miriade di altri animali: licaoni, leoni, leopardi, ghepardi, rinoceronti neri, giraffe, antilopi, anfibi e rettili, uccelli e rare specie di piante.

In quest’area, l’acqua potabile è il vero petrolio e oro e dovrebbe ricevere il massimo livello di protezione: inquinata o ancor peggio, eliminata. il delta dell’Okavanga cesserà di esistere e diventerà qualcos’altro. Quali che siano le vere intenzioni dell’azienda canadese, i suoi pozzi di prova richiederanno grandi quantità di acqua e produrranno grandi volumi di detriti inquinanti: quali gravi conseguenze produrrà tutto ciò sulle tante comunità che dipendono dal delta per il fabbisogno di acqua e cibo?

Le attività di estrazione e trasporto frammenteranno gli habitat e taglieranno le rotte migratorie. Nuove strade faciliteranno il bracconaggio fornendo un facile accesso alle zone più selvagge, con conseguenze che rimarranno nel tempo.

Innumerevoli sono le gravi minacce che si vengono ad innescare ogni volta che l’uomo, sulla spinta del progresso e della crescita economica, attacca la natura. Ma ci sono ancora aree del nostro Pianeta che possono vantare una integrità ambientale che tutti dovremmo difendere, straordinari e fragili ecosistemi da proteggere: non succede altrove, succede sul nostro One World.

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Matteo Lai
Matteo Lai
Naturalista, subacqueo, velista ed esperto di educazione ambientale: il mare è la sua passione. Da qualche anno collabora con una società che si occupa di turismo scolastico dove si occupa di educazione ambientale e vela puntando sempre la sua attenzione sui temi della tutela ambientale e della natura. Con la fondazione di One World ha un obiettivo molto semplice: sensibilizzare i cittadini sul valore della tutela ambientale. One World, che ha sede ad Andria (BT), è un’associazione no profit per la tutela ambientale, nata dal desiderio di smuovere la coscienza sociale al fine di radicare nuovi valori ed innescare, così, un circolo virtuoso di comportamenti eco–friendly consapevoli. Tutte le attività che l’associazione One World promuove hanno sempre una valenza educativa finalizzata alla diffusione di una maggiore conoscenza, sensibilizzazione e rispetto dell’ambiente.
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